Capitolo 1 - Un'alleanza malvagia


La caverna era fredda e umida. Stalattiti appuntite pendevano dall'altissimo soffitto immerso nell'oscurità. L'unica fonte di luce era un piccolo spiraglio che si apriva nel punto più alto della caverna. Il pavimento era scabro e pieno di carcasse di animali.

Attichus guardò verso un punto preciso della caverna, poco al di là della fonte di luce. Era sicuro che ci fosse qualcosa, si poteva sentire benissimo un rauco, profondo respiro che risuonava in tutta la caverna come un ritorno d’onda.

E di sicuro apparteneva a qualcuno di molto, molto grosso.

Si decise a rivolgergli la parola.

«So che hai motivo di odiare quegli sporchi elfi almeno quanto me.»

Sentì un tintinnare di catene e una serie di grugniti incomprensibili.

«So che puoi capire la mia lingua, anche se non sei capace di parlarla. Conosco il motivo per cui gli elfi ti hanno incatenato qui. Quelli della tua razza non sono molto graditi presso quel popolo, vero?»

Ci fu una pausa, poi dal fondo della caverna provenne un grugnito di assenso.

«Vedi, gli elfi sono fatti così» continuò Attichus. «Amano solo se stessi e disprezzano ciò che è diverso da loro. Sono così potenti, così immortali da provare disgusto per gli esseri inferiori. E noi, amico mio, per loro siamo esseri inferiori.»

Adesso Attichus poté distinguere chiaramente un sospiro carico di rabbia.

«Anche io sono stato umiliato» continuò il mago. «Quello spavaldo re Keradas non vuole farmi dono dei segreti della magia degli elfi. Vuole tenersela tutta per sé, capisci? Non mi considera degno. Come vedi, ho anch'io i miei motivi per odiare quella razza maledetta.»

Si avvicinò di qualche passo. Adesso riusciva a scorgere una sagoma gigantesca davanti a lui, parzialmente nascosta dalla polvere in sospensione illuminata dal fascio di luce.

«Forse io e te possiamo trovare un accordo e ottenere ciò che vogliamo. Io posso spezzare le catene magiche che ti trattengono alla roccia, farti uscire da qui e ridarti la vista.»

Non provenne alcuna risposta e quel silenzio lasciava intendere un'ovvia domanda.

«In cambio voglio semplicemente che mi aiuti a sterminare tutti gli elfi. So che lo desideri più di ogni altra cosa al mondo. Siete rimasti in pochi, ormai. Il tuo popolo si è quasi estinto, in più di cinquecento anni di guerra. Insieme potremmo vendicarci e diventare padroni del loro regno. Allora, cosa ne dici?»

Ci fu un'altra pausa, questa volta più lunga della precedente. Per qualche attimo nella caverna si poté sentire soltanto quel respiro ancestrale. Poi ci fu un tintinnio di catene e qualcosa di grosso sembrò mettersi in piedi. Due mani umane smisuratamente grandi e avvolte da catene rugginose si protesero fino a essere bagnate dalla cascata di luce. I palmi erano ruvidi e sporchi, i polsi robusti come tronchi erano escoriati dove il ferro stringeva senza pietà.

Quel gesto simboleggiava un consenso e una richiesta.

Attichus lo capì e sorrise malignamente. «Non te ne pentirai, amico mio.»

Chiuse gli occhi, sollevò le braccia e mormorò un incantesimo. Poi incrociò i pugni, gridò un'ultima parola e infine protese i palmi aperti. Dalle mani si materializzarono saette che per un istante illuminarono l'intera caverna, corsero nell'aria a velocità incredibile e si scaraventarono sulle catene con una fragorosa tempesta di scintille.

Il gigante si ritrasse immediatamente con un grugnito rauco e rimase nascosto in silenzio nell'ombra per qualche secondo, disorientato.

«Vieni, amico mio» lo incitò il mago. «Fatti vedere.»

Il gigante obbedì timidamente. Fece un paio di passi in avanti, fino alla cascata di luce e si rivelò. Era immenso, muscoloso, possente. Il vestito era ridotto a pochi stracci ricavati dalla pelle degli animali morti nella caverna. Le palpebre erano saldate assieme da una cicatrice che poteva essere vecchia di molti secoli, il viso inespressivo e crudele, le labbra sottili e perennemente arricciate.

Il gigante si tastò i polsi come se gli anni trascorsi imprigionato da quelle catene gli avessero fatto dimenticare di che consistenza fossero. Là dove il ferro aveva stretto forte adesso c'erano  calli e piaghe, alcune sanguinanti. La carne spessa e muscolosa appariva schiacciata e deformata.

Attichus lasciò che il gigante si riabituasse alla libertà e sorrise malignamente, pensando a cosa avrebbero potuto fare insieme.

«Andiamo fuori da questa caverna puzzolente» propose. «Ho qui qualcosa che sono sicuro ti piacerà.»

Alludeva al sacchetto che portava attaccato alla cintola. Conteneva qualcosa di grosso e pesante, tanto da far pendere la cintura tutta da un lato.

I capi delle catene erano per terra, spezzati. Gli anelli terminali erano di colore rosso vivo, incandescenti. E rimasero tali anche dopo che Attichus e il gigante uscirono e respirarono l'aria fresca del mezzogiorno.

Il prossimo capitolo verrà pubblicato domenica prossima!

2 commenti:

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  2. Beh mi piace questo primo capitolo.
    Il cattivo stregone Attichus, che da solo non era riuscito a vincere il Re degli Elfi si è procurato un alleato davvero grosso e potente.
    La vedo male la continuazione del libro ma sicuramente il primo capitolo invita a continuare a leggere per sapere che cosa succederà ai miei poveri amici Elfi con due nemici così uniti per uno scopo comune. Povero Re Keradas, lo vedo male il prossimo scontro con Attichus ed il suo nuovo grosso alleato
    Buona domenica

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