Capitolo 6 - Il Troll


Dalla parte inferiore del ponte sgusciò fuori un esserino alto poco più di un nano, con la pelle grigia e squamosa, una lunga coda e artigli al posto delle dita.

Salì rapido sopra il ponte e si mise davanti a Korgath, sbarrandogli la strada. Un troll! Keradas gliene aveva parlato. Sì, non poteva essere altro.

«Qui le domande le faccio io» disse il troll con una voce rauca e gutturale. «Questo è il mio ponte e da qui passa solo chi voglio.»

Korgath represse un moto di panico. Aveva sentito dire che quella razza perfida era capace di emettere un grido fortissimo e, se quel troll lo avesse fatto, l'intero esercito di orchi sotto la collina sarebbe arrivato di corsa.

Cercò di mantenere la calma e di non farlo innervosire.

«Mi chiamo Korgath.»

«E vuoi passare dall'altra parte del fiume, vero?»

«Esatto.»

«Un uomo che vuole passare sopra il mio ponte. Che giornata fortunata! Ho appena fatto colazione, ma un altro spuntino lo faccio volentieri.»

Il troll si piegò sulle zampe posteriori come per spiccare un balzo.

«Aspetta!» disse Korgath mettendo i palmi avanti.

«Che cosa c'è? Non credere di poter prendere tempo. Io odio gli umani. Ti mangerò con gusto.»

Korgath tirò un respiro profondo ed elaborò velocemente un piano. «So che voi troll amate molto gli oggetti di valore e scintillanti.»

Il troll si fermò e soppesò mentalmente quella frase. «E con questo?»

«Forse qui ho qualcosa che potrebbe piacerti.»

«Stai mentendo. Stai cercando di imbrogliarmi.»

«No, te lo giuro.»

Mise una mano in tasca e tirò fuori il pugnale d'oro. Regalarlo a quel troll disgustoso non era certo un'idea che gli andava a genio, però era meglio che farsi attaccare. «Ecco, vedi? Guarda come è bello.»

Appena il troll lo vide, zompettò verso Korgath con aria incuriosita. «Fammi vedere.»

Quasi glielo strappò di mano. Lo guardò attentamente, lo esaminò in ogni dettaglio come un esperto gioielliere. Sul viso bestiale si formò un'espressione piacevolmente stupita.

«Se mi fai passare il ponte, è tutto tuo» propose Korgath.

Il troll continuò a esaminare il coltello ancora per un po', poi la sua espressione cambiò drasticamente e divenne un ghigno feroce.

«Questo coltello era mio! Un umano me lo ha rubato una settimana fa! Lo riconosco!»

A quel punto avvenne ciò che non doveva succedere. Il troll piegò la testa all'indietro e dalla sua gola proruppe un urlo acuto e lacerante che si propagò per tutta la pianura alla velocità del vento. Korgath dovette tapparsi le orecchie per non rimanere assordato. Da lontano, vide gli orchi dell'accampamento sollevare la testa e guardare nella sua direzione. Non potevano ancora vederlo, ma cominciarono ad agitarsi. Smisero di mangiare e di litigare, impugnarono le armi e avanzarono verso il ponte.

Korgath si sentì perduto. Il troll aveva appena finito di gridare e si era girato per scappare sotto il ponte. Korgath lo afferrò per la coda.

«Ridammi il pugnale, dannato troll!»

«Neanche per sogno! Il pugnale è mio!»

Korgath cercò di strapparglielo di mano, ma il troll lo graffiò e lo morse. Gli orchi erano sempre più vicini. Poteva sentire le urla e le vibrazioni dei loro passi pesanti sotto i suoi piedi.

Finalmente Korgath riuscì a prendere il pugnale, ma il troll si arrampicò sul suo braccio per riprenderselo. Korgath adesso poteva vedere chiaramente gli orchi e sapeva che ormai anche loro lo avevano individuato.

Provò a scagliare il troll lontano, ma quel mostriciattolo gli stava aggrappato  come una zecca.

Un orco a meno di venti passi di distanza lanciò un grido indicandolo. I suoi compagni risposero con un coro di urla bestiali.

Il troll aveva cominciato a mordergli il braccio e i denti aguzzi avevano già lacerato la stoffa, minacciando di arrivare alla carne.

Korgath pensò in fretta. Si abbassò fino a schiacciare il troll al suolo, poi gli mise un piede in faccia e spinse con tutte le sue forze.

Il mostro si staccò e tentò di aggrapparsi alla gamba, ma Korgath gli diede un calcio e lo scaraventò sul ponte con uno schiocco di fasciame marcio. Durante la battaglia il pugnale era caduto. Lo recuperò e cominciò a correre a più non posso, seguendo il percorso del fiume.

Il terreno era scivoloso. Korgath sentiva l'adrenalina scorrergli in fretta nelle vene. Il grido degli orchi era un grugnito animalesco terribile a sentirsi. Erano così vicini che poteva sentirne l'odore nauseante e correvano dannatamente veloci.

Uno di loro gli lanciò contro una daga, mancandolo per un soffio. Qualcuno scagliò una pesante ascia, che si conficcò nel tronco di un albero a meno di un braccio di distanza da lui, sprizzando un nugolo di schegge.

Korgath continuò a correre fino a quando ebbe fiato. Poi sentì le forze venirgli meno, cominciò a boccheggiare e a rallentare il passo. Impugnò d'istinto il coltellaccio, pronto a estrarlo per difendersi fino a quando le forze glielo avrebbero consentito.

Gli occhi quasi gli si chiudevano, il cuore era un tamburo impazzito, la milza stava per esplodere. Inciampò improvvisamente su una radice sporgente e volò giù per la scarpata, una caduta che gli parve eterna.

Si aspettava di atterrare pesantemente sulla schiena e di ritrovarsi in meno di un secondo circondato dai suoi famelici inseguitori, invece scivolò sul fianco sinistro e cominciò a rotolare verso la sponda del fiume.

Il mondo girava troppo in fretta perché Korgath riuscisse a fermarlo. A volte vedeva il ghigno degli orchi con le armi sollevate, altre le nuvole, altre ancora doveva chiudere gli occhi per proteggerli da una pozzanghera di fango putrido.

Alla fine sprofondò completamente nel fiume melmoso. Il fango smorzava le urla degli orchi nelle sue orecchie. La corrente impetuosa cominciò a trascinarlo via. Lottò per mantenersi a galla, ma a volte il fiume lo sommergeva completamente e doveva battersi disperatamente per non affogare.

Vide gli orchi fermarsi sulla riva, sollevare le asce e gridare di rabbia. Poi divennero troppo piccoli perché riuscisse a distinguerne i volti.

Infine, il fiume entrò in una caverna e tutto divenne buio.

Il prossimo capitolo verrà pubblicato domenica prossima!

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